
ISBN La pittura del tardo Rinascimento
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Hermann Voss portò a conclusione questo monumentale studio sulla pittura italiana nel 1920. L’opera, subito riconosciuta come un pilastro imprescindibile della critica d’arte internazionale, e a tutt’oggi essenziale strumento di studio, gli valse la libera docenza e lo consacrò – come ricorda Roberto Longhi nell’affettuoso ritratto dedicato a Voss nel 1965 e qui riproposto – uno dei massimi conoscitori dell’arte italiana tra Cinque e Settecento. Come Longhi, a cui lo legò sempre una «discorde concordia», Hermann Voss appartiene a quella schiera di uomini «terribili» le cui ricerche sconvolgono i cartellini e i cataloghi delle pinacoteche, togliendo il sonno a sopraintendenti e organizzatori di mostre improvvide, nonché a studiosi che su attribuzioni fallaci hanno costruito carriere accademiche anche vistose.
Fin dagli esordi il critico tedesco dichiara la propria intenzione di combattere la formula «eccezionalmente inquietante» della «storia dell’arte senza nome», che assieme all’individualità dell’artista annichilisce lo stesso atto creativo: «chi vuole scrivere storia dell’arte senza le individualità dei singoli artisti dimentica che l’opera d’arte non nasce sulla retina, ma là dove risiede il centro di tutta la vita dei sensi e dei sentimenti e dove tutta la volontà umana si riunisce in un unico flusso». L’impianto della ricerca è strettamente consequenziale: della pittura tardorinascimentale Hermann Voss indaga e discute le suddivisioni temporali, le coeve correnti spirituali, la scansione dei generi e i «compiti» della pittura romano-fiorentina, in un discorso che dall’eredità di Raffaello e Michelangelo conduce fino alle stagioni dell’alto Rinascimento e del manierismo fiorentino e romano.
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