Una maledetta buca sulla strada e la mia vita cambia di colpo. Prima ero un giovane ciclista professionista che aveva già conosciuto la gloria: la medaglia d'oro conquistata al Mondiale Under 23 del 2008, la maglia rosa del Giro 2012 e la medaglia d'argento del Mondiale Pro 2015. All'improvviso sono diventato un malato inchiodato a un letto: paralizzato. Trauma cranico, coma farmacologico, terapia intensiva, mesi di riabilitazione. Alla fine, però, sono riuscito a risalire sulla bicicletta, perché quello era il mio lavoro e la mia passione. Ma il destino non aveva finito con me: un'altra caduta, altri giorni di ospedale, allenamenti, fatica. Dovevo farcela, mi ripetevo mentre sudavo in palestra. E ci sono riuscito: sono tornato ancora in bicicletta. Una gara, poi un'altra, ma alla gioia di essere di nuovo in sella si univa la consapevolezza di non essere più quello di prima. Meglio smettere, mi sono detto. Meglio usare ciò che avevo imparato andando in bicicletta (lo spirito di sacrificio, l'importanza della fatica) per costruirmi un'altra vita. Quella che vivo oggi. Non da ex campione, ma da ragazzo che è stato una promessa del ciclismo e adesso cerca di aiutare gli altri a raggiungere i loro sogni.