
ISBN L' amante di Lady Chatterley
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«La nostra è nella sua essenza un’epoca tragica e dunque noi ci rifiutiamo di prenderla tragicamente. Il cataclisma ha colpito, ci siamo abituati alle rovine. Se non riusciamo a farci strada attraverso gli ostacoli, li aggiriamo. Dopo esserci tragicamente torti le mani, ora siamo passati a sbucciare patate o ad accendere la radio. Era questa la posizione di Constance Chatterley. La guerra l’aveva consegnata a una situazione molto difficile, ma lei aveva deciso di vivere e imparare».
Nell’arco di soli due anni (1926-1928), David H. Lawrence riscrisse per ben tre volte quello che si sarebbe rivelato il suo capolavoro. La prima stesura faceva leva sull’urgenza del dire, tutta imbrigliata in quel contrasto tra mente e corpo, sensibilità e intelletto, che si dispiegherà nelle versioni successive. Nella seconda, Parkin e Sir Clifford, l’amante e il marito di Constance Chatterley, diventano i simboli delle due opposte polarità di una civiltà giunta a un binario morto: solo l’innesco di latenti energie disgiunte dalla razionalità avrebbe potuto aprire la strada di una nuova fertilità. Intermediaria necessaria, spirito indomito di donna preda di un indistinto anelito di vita, Lady Chatterley rappresenta il grembo in cui può avere luogo la rinascita. E qui si arresta la seconda versione: nessun cenno al lieto fine, il matrimonio annunciato nella terza stesura, nessuna traccia di quello spirito visionario che l’autore affiderà a qualche personaggio secondario, al solo scopo di dar voce alle sue teorie e alla sua critica sociale. Ma questo qualcosa in meno si ribalta in un plus narrativo: l’assenza di quel cerebralismo che porterà Lawrence a esasperare il gioco delle polarità contrapposte, calcando la mano da un lato sulla chiave erotica e dall’altro sull’intento simbolico. Fermatosi a un passo dalla rigidità di questo schematismo, Lawrence racconta l’insorgere di una passione che travolge ogni cosa: la carica sovversiva e la spregiudicatezza, che ne hanno fatto uno snodo cruciale della letteratura del Novecento, stavano tutte nella scelta di una protagonista femminile che rivendicava il proprio diritto alla passione e alla sessualità, e che trovava il suo detonatore ai gradini più bassi della scala sociale. Tanto bastava. Il corpo a corpo dell’artista con l’opera in divenire si era già spinto oltre il punto di non ritorno. La prima edizione inglese de L’amante di Lady Chatterley vide la luce in Italia, a Firenze, nel 1928, e si trattò di un’edizione semi-clandestina. Fino al 1960, infatti, l’opera non riuscì a trovare in patria un editore disposto a pubblicarla. Fu proprio nel tentativo di aggirare questo ostacolo, che la scrittura conobbe tre stesure perfettamente conchiuse, con le quali Lawrence tentò di sfuggire
alle maglie della censura e di attenuare lo scandalo che si prevedeva avrebbe suscitato. Ma finché fu in vita non ci riuscì. L’incomprensione nei confronti del romanzo, infatti, fu totale: l’epoca di Lawrence non era pronta, come l’autore sperava, ad affrancarsi dalla paura del corpo e del linguaggio che lo esprime. Il romanzo in cui si «scopre il bene della tenerezza, non il male dell’oscenità» – come osserva acutamente Nadia Fusini –, è così oggetto di un forte ostracismo: negandone l’intima poesia, si nega in realtà la spontanea manifestazione della libertà e della ricchezza dell’Eros, inteso non come lussuria ma come energia vitale, relazione piena con il mondo.
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